IN MEMORIA DI GIORGIO LIGUORI, IL RICORDO DI UN AMICO SOCIALISTA:
AVVERSARI MA UNITI PER LO SVILUPPO DELLE NOSTRE ZONE
ED IL RISCATTO DELLA DIGNITA’ UMANA

di Vincenzo Salerno, già consigliere ed assessore provinciale

Ai sigg. eredi famiglia on.le Giorgio Liguori

Sono venuto a conoscenza, con ritardo, della manifestazione organizzata dal Comune di Montegiordano in memoria di Giorgio Liguori.
Mi piace manifestare un apprezzamento all’Amministrazione comunale il cui Sindaco, l’ing. Francesco La Manna, dimostra, in ogni occasione, disponibilità ed apertura alle idee altrui rimanendo coerente con le proprie.
Io sono domiciliato a Sibari e, andando occasionalmente a Nocara, ho trovato nella buca delle lettere l’invito per la partecipazione alla commemorazione del vostro congiunto. Vi ringrazio per avermi tenuto in considerazione e mi scuso per l’involontaria assenza.
Il resoconto letto sulla stampa, la larga partecipazione dei rappresentanti politici, dei comuni cittadini di Montegiordano e dell’Alto Ionio, mi hanno stimolato ricordi e battaglie condotte per lo sviluppo delle nostre zone ed il riscatto della dignità umana.
Per valutare, a pieno, l’opera e l’impegno di Giorgio Liguori ritengo indispensabile fissare almeno due elementi di natura sociale, caratterizzanti la sua personalità.
Egli era medico e svolgeva la professione a tempo pieno in un’epoca in cui quel tipo di lavoro era apprezzato nella nostra comunità, ma non adeguatamente retribuito per la povertà che regnava nelle nostre popolazioni. Questa condizione economica, quasi generalizzata, non consentiva una solida autonomia finanziaria della professione. Il medico aveva un rapporto di assistenza alle famiglie, quasi tutte scoperte dal punto di vista mutualistico perché permanentemente in stato di disoccupazione, in abbonamento “staglio” e quindi le prestazioni sanitarie venivano retribuite al tempo del raccolto con prodotti agricoli. Il Comune, da cui il medico dipendeva, erogava un modestissimo stipendio con l’indennità di “cavalcatura” per le visite nelle popolose contrade rurali. Tutto il lavoro igienico-sanitario gravava sull’unica figura del medico condotto impegnato senza soluzione di continuità nell’assistenza.
Collaterale a questo lavoro, che assicurava comunque la sopravvivenza, Giorgio svolgeva l’attività politica con passione ed umanità a fini esclusivamente sociali. Puntualmente visitava gli ammalati al loro domicilio al mattino presto, poi partiva per assolvere agli impegni istituzionali ed a sera, a qualunque ora rientrava, andava a rivisitare coloro che riteneva bisognevoli di assistenza. Allora non c’erano nella nostra zona ospedali, ambulatori, figure specialistiche; il medico curava quasi tutti i mali a domicilio vigilando anche sulla spesa sanitaria che la famiglia non poteva sopportare.
Il viaggio da Montegiordano, per i comuni dell’Alto Ionio, per Cosenza ed altre sedi istituzionali comportava sacrifici oggi impensabili sia sul piano della fatica che dell’impiego del tempo. Giorgio era sempre puntuale ed assolveva ai suoi impegni professionali e politici, divenendo ben presto punto di riferimento nel suo partito. Raccoglieva consensi, contava ed era stimato nei centri di potere e perciò anche temuto e combattuto dagli avversari politici. Come medico curava, come politico si batteva per ottenere beni e servizi nella nostra zona che portò alla ribalta da periferia e sconosciuta qual era.
Mentre Giorgio Liguori e la rappresentanza democristiana cresceva, si affermava in questa zona ionica il Partito Socialista Italiano che conquistava, con valide e battagliere presenze, Enti locali, Provincia, Nazione. Si formarono i Governi di centrosinistra ai vari livelli, fu nominato Giacomo Mancini Ministro dei Lavori Pubblici. La dialettica politica tra socialisti e democristiani era vivace, si gareggiava e ci si scontrava per produrre gli uni più degli altri, per affermarsi politicamente.
L’incontro-scontro mise in atto una azione di riforma vera che ci fece scrollare da dosso la condizione disumana e di inferiorità in cui vivevamo. Era l’inizio degli anni ‘60 quando, finalmente, anche nei nostri paesi arrivarono acqua, luce, strade, edifici pubblici, opere igieniche, telefoni e quanto altro serviva al vivere civile. Zone marine e montane, sino ad allora dimenticate ed abbandonate, furono costantemente visitate, curate e rivitalizzate dai rappresentanti politici di governo e di opposizione. Le popolazioni riconquistarono l’orgoglio perduto, l’entusiasmo, la speranza; si arrestò la piaga dell’emigrazione e di trasferimento ripresa nel decennio precedente.
A questi esaltanti ricordi voglio aggiungere qualcosa che riguarda il rapporto personale tra me e Giorgio Liguori. Ero all’inizio della mia attività politica, appena dopo essermi diplomato, incominciando ad esprimere le mie idee sul fronte opposto a quello di Giorgio e lui, anziché contrastarmi, mi manifestava stima ed amicizia. Mi corteggiava per avermi dalla sua parte, per convincermi alle sue idee, per chiamarmi alla sua collaborazione. Mi chiamò anche a Montegiordano e ci incontrammo a casa della mia anziana maestra-comare e sua amica per convincermi a seguirlo in politica. Rimanemmo ognuno con le proprie idee; ci lasciammo da amici ed amici-avversari rimanemmo sino alla sua tragica scomparsa.
Nei paesi del collegio provinciale di Oriolo facevamo i comizi nella stessa piazza, ma sempre da balconi diversi perché allora il distinguo si materializzava nella forma e nei contenuti. Rivedo in questa carrellata di ricordi Giorgio fisicamente, elegante, dignitoso, eloquente. Non riesco a ricordare parole aggressive o ingiuriose nei miei confronti nonostante, come era prassi, prima del comizio gli venisse consegnata la scaletta dell’intervento a me contro. Ricordo invece i viaggi fatti con lui e le delegazioni a Roma, a Cosenza e gli incontri a Trebisacce: ci presentavamo uniti per avere più forza contrattuale nella soluzione delle questioni vitali delle nostre popolazioni.
Una bella e produttiva dialettica quella socialista-democristiana di allora che attraverso lo scontro- incontro nei Governi di centrosinistra produsse la rinascita della zona ionica cosentina, la pose all’attenzione della politica calabrese e realizzò tutto o quasi quello di cui godiamo. E’ una bella eredità che dovrebbe arricchirsi per adeguarsi ai tempi attuali ed invece, spero di sbagliarmi, attualmente ristagna e rischia di appannarsi.
Vi saluto cordialmente.

Vincenzo Salerno
(Sibari, febbraio 2009)

Scritto pubblicato successivamente da "Il Tiraccio", mensile dell'Alto Jonio cosentino di attualità ed informazione, anno XXXV, n. 2-3, Marzo-Aprile 2009