Giorgio Liguori

Convegni ed eventi

MONTEGIORDANO (COSENZA), 28/12/2008, "LA POLITICA VISSUTA COME MISSIONE E SERVIZIO: GIORGIO LIGUORI UN ESEMPIO PER I GIOVANI"

CRONACA

TENERE VIVA LA MEMORIA DEL PROPRIO PASSATO
RICORD
ANDO I SUOI PROTAGONISTI CHE OPERARONO PER IL BENE COMUNE.
PROPOSTA L’ISTITUZIONE DI UNA BORSA DI STUDIO ANNUALE DEDICATA A LIGUORI
 
Un’aria pungente del Pollino innevato non ha scoraggiato, il 28 dicembre 2008, oltre duecento persone a partecipare al Convegno “La politica vissuta come missione e servizio: Giorgio Liguori un esempio per i giovani. Il ricordo di amici ed avversari” promosso dal Comune di Montegiordano con il patrocinio della Regione Calabria, Provincia di Cosenza e Comunità Montana “Alto Jonio”.
Il riuscito incontro è stato ospitato nel salone parrocchiale gremito da molte persone con i capelli bianchi, ma anche da diversi giovani, non solo montegiordanesi. In tanti sono giunti dai comuni della zona (Amendolara, Canna, Cerchiara, Oriolo, Rocca Imperiale, Trebisacce), da Cassano Allo Ionio e Rossano (due grandi centri della Sibaritide) e da Cosenza. Volevano esserci per testimoniare il ricordo e la vicinanza ad un uomo che il tempo non ha cancellato dalla loro memoria.
In un’epoca dove ci si allontana sempre più dalla politica e si è alla riscoperta delle figure che furono protagoniste nelle tante sperdute contrade italiane dell’inizio della “Prima Repubblica”, il Convegno su Liguori ha offerto diversi ed interessanti interventi in più di quattro ore (17.25-21.45), che hanno tracciato non solo la storia di un uomo, ma focalizzato il suo contesto sociale e politico. Era l’epoca dei grandi ideali, delle forti passioni, delle accese battaglie condotte nel rispetto delle differenti posizioni, degli avversari leali, dove nel lottare per produrre sviluppo a vantaggio di tutti ci si affermava politicamente. Soprattutto era l’epoca in cui la politica era intesa «non come strumento e piedistallo per appagare malsane ambizioni, ma come mezzo idoneo a portare nei consessi della vita pubblica l’autentica voce del popolo minuto», come lo stesso Liguori disse e testimoniò in più occasioni. I diversi e qualificati interventi, che hanno commosso non solo i familiari del politico montegiordanese tragicamente scomparso trentotto anni fa, hanno riconosciuto questo suo modo di vivere la politica, che era comune a tanti altri uomini del tempo.
Al Convegno, in particolare ai suoi promotori (il sindaco ing. Francesco La Manna, il consigliere comunale dott. Franco Fiordalisi e l’arch. Mario Franchino), va il merito di aver dato vita ad una proficua l’occasione, quella di ascoltare «una politica d’altri tempi». Soprattutto si è fatto conoscere questa «politica» alle nuove generazioni in modo che possano ispirarsi anche ad essa: conoscere il passato per meglio impostare il futuro, anche se c’è da rilevare che i tempi sono molto cambiati.
Questo lo si è colto subito nelle parole dell’avv. Giuseppe Ranù, presidente della Comunità Montana, che per la sua giovane età non ha conosciuto personalmente Liguori: «ho sentito parlare di questa figura di grande prestigio, forgiatasi nel secondo dopoguerra, attraverso il racconto tramandato dalle generazioni precedenti… . Iniziative come questo Convegno – ha aggiunto Ranù – possano contribuire a mettere a confronto  due generazioni e due modi di fare politica per poter riflettere su ciò che è stata la politica ieri e ciò che è oggi, prendendo come esempio Giorgio Liguori, una persona del fare, molto pragmatica e poco politico parolaio».
Certamente, per conquistare i giovani che non vogliono sentir parlare di politica, occorre più impegno nei fatti che nelle chiacchiere. Non si può addossare alle nuove generazioni la responsabilità della loro disaffezione dalla gestione della cosa pubblica quando oggi la politica - come i media riportano puntualmente - dà pessimi esempi su molti fronti. E dal Convegno è giunto anche un forte richiamo all’etica in politica, oggi quasi totalmente disattesa.
L’intervento del presidente Ranù è seguito all’introduzione del moderatore, Franco Maurella, apprezzato giornalista dell’Alto Ionio per la sua feconda professionalità comunicativa con grande sensibilità culturale ed attenzione ai temi sociali, che ha tracciato un breve significativo profilo di Liguori, ed al saluto di benvenuto del sindaco ing. Francesco La Manna. Quella del primo cittadino è stata una sentita e commossa testimonianza di quando era un giovanissimo democristiano attratto da «una figura carismatica e di grande spessore politico e professionale quale era il dottor Liguori».
Un importante aspetto della figura di Liguori è emerso dall’intervento dell’on Giuseppe Aloise, già deputato nazionale e regionale della DC. «Per capire oggi l’opera di Giorgio Liguori – ha detto – occorre innanzitutto collocarla nel contesto di gravi condizioni di disagio sociale e strutturale in cui si trovavano a vivere le popolazioni dei paesi del suo Alto Ionio assai distanti dal capoluogo di provincia. Liguori faceva politica sul territorio, a contatto diretto con la gente, recandosi frequentemente in ogni comune per cogliere le istanze dell’elettorato e i chilometri da percorrere erano davvero molti. Per comunicare non è come oggi che ci sono i cellulari, i computer… . All’epoca non si possedeva alcun mezzo tecnologico di comunicazione. Per fare un esempio, il telefono fisso entrò in tante case calabresi solo nella seconda metà degli anni ‘60. Il lavoro di Liguori era capillare e numerose sezioni della DC sorsero nell’Alto Ionio e nella Sibaritide, perché riuscì a costituirle aggregando più soggetti. Dopo la sua morte diverse di queste sezione furono a lui intitolate, come quella di Cassano». Citando il suo comune, l’on. Aloise ha ricordato quando Liguori venne designato dal Comitato provinciale del partito quale commissario della sezione cittadina della DC di Cassano, riuscendo a redimere i forti contrasti interni tra “dorotei” e “sinistra di base”, definendolo «un uomo con uno spiccato senso di mediazione, sempre pronto a tessere l’unità nella DC. A Cassano – ha aggiunto – impartì una grande lezione di umiltà, unitarietà e solidarietà… . Non aveva necessità della politica per vivere, la praticava come un servizio».
Altra significativa testimonianza è stata offerta dal sen. Salvatore Frasca, già parlamentare del PSI e sottosegretario di Stato, che si è soffermato su un importante tassello della storia politica calabrese degli anni ‘60: la nascita, nel 1962, della prima Giunta provinciale di centro-sinistra (DC-PSI) del Meridione alla Provincia di Cosenza, la terza in Italia dopo quelle di Milano e Genova. Tra i principali fautori, oltre Giacomo Mancini, Riccardo Misasi e Dario Antoniozzi, anche lo stesso Frasca ed il suo amico Giorgio Liguori. Entrambi entrarono nella Giunta presieduta dal prof. Antonio Guarasci: Frasca fu assessore ai Lavori pubblici e Liguori al Personale ed insieme fecero «grandi cose per i comuni dell’Alto Ionio» ad iniziare dal metterli nella condizione di non essere più isolati a livello viario, costruendo strade asfaltate ed altre infrastrutture di primaria necessità (acquedotti, reti idriche, fognarie ed elettriche) e realizzando edifici scolastici nei comuni sprovvisti in modo che gli studenti, soprattutto di famiglie meno abbienti, potessero istruirsi in loco. Per lo sviluppo turistico, Frasca e Liguori puntarono sulla costruzione dei lungomari nei centri costieri. Furono tutte opere pubbliche improntate dalla Giunta provinciale Guarasci, che diedero lavoro a molti giovani e padri di famiglia.
E’ stato anche ricordato quando Liguori, da assessore al Personale, fu il principale fautore della “storica” Pianta organica della Provincia, approvata all’unanimità dal Consiglio provinciale in un’epoca di forti scontri ideologici, varata nel 1969 a vent’anni dalla precedente, che mise di ruolo più di 600 unità ed altre 200 lo furono negli anni successivi.
Questi ed altri ricordi di azioni politiche concrete per il bene comune sono affiorati nel corso del Convegno, che ha fatto fare un tuffo nel passato a molti dei presenti, mentre per i più giovani è stata una “lezione” di storia politica.
E sul concetto del «proprio passato non va dimenticato», ha aperto il suo intervento l’on. Armando Algieri, consigliere regionale del PCI nella prima e seconda legislatura. Nell’apprezzare l’iniziativa, ha detto che «è giusto coltivare la propria memoria, perché attraverso essa si possono assumere prospettive nuove e diverse. Giorgio Liguori, che conobbi al momento dell’insediamento del primo Consiglio regionale, era una persona perbene, corretta, leale, lontana da atteggiamenti settari ed aspri… . Era un democristiano regionalista convinto più di altri, aveva a cuore la Calabria e si batteva per il riscatto sociale dei più poveri, difendendo i diritti del contadino calabrese». Al riguardo, Algieri ha voluto ricordare del politico montegiordanese il suo discorso tenuto in Consiglio regionale sei giorni prima della morte, il 15 dicembre 1970, definendolo «il suo testamento politico». Liguori pronunciò questo discorso in occasione delle dichiarazioni programmatiche del presidente della Giunta regionale, l’on. Antonio Guarasci, in uno dei momenti più difficili della storia contemporanea della Calabria: i sanguinosi moti di rivolta di Reggio per la sede del capoluogo regionale. «Nel prendere la parola Liguori – ha sottolineato Algieri – disse: “Solo da una visione unitaria dei problemi, che sappia accantonare le faziosità campanilistiche, i tentativi affannosi di conseguire traguardi personali e settoriali, può scaturire il clima di serenità indispensabile perché la Regione possa elaborare il tessuto della sua organizzazione regionalistica. Si è detto che la Regione è un’occasione di dialogo fra il popolo e lo Stato. Io vorrei dire di più: la Regione, oggi, è lo strumento per attuare un nuovo metodo di rappresentanza parlamentare, un mezzo nuovo, ma finalmente acquisito, per ristabilire la necessaria corrispondenza tra azione politica e reale volontà popolare. Solo ascoltando dalla viva voce delle nostre genti i bisogni sociali, morali ed economici che le affliggono e legiferando in mezzo alle nostre popolazioni, noi potremo diventare gli interpreti autentici e non confusionari di una politica di fatti voluti, legittimamente attesi, felicemente accettati. Così noi creeremo una vera democrazia, intesa come libertà del popolo di realizzare ciò che esso reclama in conformità delle proprie tradizioni di civiltà e di dignità”».
Algieri ha sintetizzato quanto detto da Liguori sullo sviluppo agricolo che stentava a decollare rispetto ad altre aree del Paese, ma noi, cogliendo anche l’invito dello stesso relatore, cioè quello di: «andrebbe oggi pubblicato quanto detto da Giorgio Liguori in Consiglio regionale il 15 dicembre 1970, perché molto significativo ed attuale», ne riportiamo un ampio passaggio. «La causa vera, a mio avviso – disse Liguori –, è da ricercare nella mancanza di una organica e valida politica dell’agricoltura, nelle forme attuali di vita dei contadini, relegati, spesso ancora senza strade, senza luce, senza mezzi, ai confini del mondo, di un mondo ove la civiltà è un sogno che si percepisce a sprazzi a volte dai racconti dei propri fratelli quando tornano per le festività dal nord d’Italia o dall’estero. Ciò che manca al contadino è soprattutto la prospettiva di un miglioramento delle proprie condizioni, di un guadagno certo, la speranza di poter vivere come un uomo civile. Perciò il nostro compito è di avviare una nuova politica dell’agricoltura, costruire strade, acquedotti rurali, reti elettriche, creare servizi sanitari rurali efficienti, migliorare il sistema di informazione e di educazione agricola. Tutto ciò nelle zone ove sarà possibile un reddito adeguato e dove colui che, per predisposizione e predilezione, avrà deciso di dedicarsi a coltivare i campi possa contare, oltre che su un reddito certo, anche sul rispetto della propria dignità di prestatore di opera».
Per la verità, prima che l’on. Algieri esortasse a renderlo noto, il testo integrale di questo intervento di Liguori in Consiglio regionale era già consultabile nella rubrica del nostro sito “Documenti e frammenti politico-elettorali” e lo sarà anche in quella “Pubblicazioni con idee e programmi ancora attuali”, proprio perché quello che lui affermò, a distanza di quasi quattro decenni, è di grande attualità ed interesse politico e sociale.
A far da eco a quanto sostenuto da Algieri è stato l’on. Antonio Mundo, già deputato nazionale e regionale del PSI, che insieme a Liguori furono i primi due politici dell’Alto Ionio a sedere in Consiglio regionale nel 1970 e ad entrare a far parte della Commissione per l’elaborazione dello Statuto della Regione Calabria. L’on. Mundo ha sostenuto che «si coglie un messaggio di grande attualità nell’intervento di Liguori tenuto pochi giorni prima della sua scomparsa. Nell’esprimere il suo giudizio sul programma esposto dal presidente della Giunta, disse che la sua attuazione “non sarà difficile se sapremo abbandonare quello spirito di emulazione negativa che in passato ha spesse volte ostacolato l’attività dei politici, per fare, tutti insieme, gli interessi della Calabria e dei calabresi… . Con la Regione noi oggi entriamo in una nuova fase della vita della Calabria. Finora abbiamo tutti lottato da ogni posizione, ad ogni livello per cercare di dare alla Calabria un minimo di servizi sociali, un minimo di infrastrutture tecniche. Con la Regione gli impegni e le prospettive mutano: oggi non ci basta soltanto programmare e creare servizi sociali e infrastrutture, dobbiamo anche e soprattutto puntare alla immediata creazione dei posti di lavoro necessari per fermare la grave emorragia emigratoria. E’ in vista di ciò che il popolo di Calabria ci ha dato il mandato elettorale. Solo così porteremo nella nostra terra la serenità indispensabile per raggiungere più alti, avanzati livelli di vita civile”».
L’on. Mundo ha anche detto che «nel cercare di rileggere il nostro passato occorre soffermarsi sulla figura di Giorgio Liguori… . Liguori godeva di una incondizionata stima all’interno della DC e in quella delle altre forze politiche dell’intera provincia di Cosenza. Aveva una grande capacità di correlarsi con molti soggetti sociali. Portava con sé, oltre all’impegno politico, una grande umanità ed esprimeva grande ottimismo ragionato e non semplicistico dinanzi ai problemi da risolvere».
Altra significativa testimonianza di Liguori uomo, medico e politico è venuta dall’on. Antonio Melfi, già deputato regionale della Basilicata della DC ed assessore provinciale di Matera. «Non escludo di aver emulato nel mio fare politico Giorgio Liguori… . Ho avuto modo di conoscerlo da vicino sin da quando ero bambino – ha esordito Melfi –, vivendo negli anni ‘50 a Montegiordano, a casa di mio nonno Nicola, e sentivo parlare molto di questo giovane medico che non aveva dismesso i panni dell’umiltà, nonostante la meta raggiunta della professione. Fu, appunto, la sua professione di medico condotto che gli permise di entrare nelle case dei suoi compaesani e l’attaccamento alla politica lo spinse, come tanti altri giovani di allora, a formarsi a quella scuola di pensiero che veicolava messaggi forti per l’affermazione nella nostra Italia di una democrazia il cui architrave, a dirla con il sindaco per antonomasia, Giorgio La Pira, doveva essere la persona umana. Un concetto che prese corpo non solo per “sfascistizzare” il nostro Paese, ma per porre al centro della società l’uomo con le sue esigenze, i suoi bisogni di formazione integrale, rendendolo, nel contempo, responsabile nella determinazione e gestione dei suoi diritti come nell’assolvimento dei suoi doveri. Era passato solo qualche anno dal varo della Costituzione repubblicana, banco di prova riuscito dell’incontro di due culture: la cattolica e la laica…, che l’entusiasmo trasmesso da quella scuola di pensiero coinvolse il giovane Giorgio Liguori al punto di spingerlo a candidarsi alla politica attiva. Era ben consapevole che la riuscita consisteva innanzitutto nel rimanere fermamente legato all’imprescindibile principio di servire la gente. Principio del resto che gli derivava, tra l’altro, dal suo essere cattolico, quindi legato all’impegno di non solo testimoniare i valori e contenuti espressi dalla Dottrina Sociale della Chiesa, quanto di porli in atto con un’azione sempre svolta all’insegna dell’umiltà e della carità cristiana. Egli aveva grande capacità di ascolto e riusciva a piegarsi con coraggio e determinazione anche dinanzi a situazioni assai complesse. In altri termini necessitava di esercitare il potere non in funzione del mantenimento del potere, ma per la soluzione dei problemi. La fama di professionista e politico serio si diffuse nel circondario e nell’intera provincia di Cosenza, tanto da procurarsi la difficile candidatura a consigliere provinciale nel collegio elettorale di Oriolo-Trebisacce nelle fila della DC. Difficile perché la DC, partito che avrebbe dovuto coincidere con la vera democrazia, molto spesso i suoi maggiorenti diventavano egoisti e egocentrici al punto di non accorgersi di annullare e devastare persino quelle forme che nel pensiero degasperiano e sturziano sarebbero dovute essere i sostegni principali per rendere la nostra Italia sempre più corrispondente a quanto i padri costituenti avevano scritto. Bella battaglia per Giorgio Liguori ottenere la candidatura! Il circondario lo festeggiò riconoscendo il suo grande merito di essere un uomo buono prima ancora che politico avveduto… . Sono certo che il Convegno di oggi non sarà solo un doveroso ed affettuoso ricordo di un caro amico, amico politico, ma attraverso il suo ricordo un monito che chiunque intraprenda il difficile cammino della politica non potrà mai prescindere dal farsi precedere dalla fama di essere uomo. Quindi, la ricerca del consenso deve sempre avvenire sulla base della realizzazione ed affermazione del primato della politica intesa come mezzo di cui l’uomo si serve per ideare, proporre, realizzare progetti per il bene comune».     
Dall’arch. Mario Franchino, già segretario provinciale dei Democratici di Sinistra di Cosenza e giovane attivista comunista montegiordanese all’epoca di Liguori, è venuta la proposta di «istituire annualmente una borsa di studio dedicata a Giorgio Liguori. Questa – ha detto – può essere l’occasione per costituire un “tavolo permanente” di lavoro per il nostro futuro politico rivolto a chi intende la politica come servizio, luogo democratico di dibattito e confronto senza padroni, come viveva la sua esperienza politica Liguori. Noi giovani comunisti del tempo lo rispettavamo e lo stimavamo anche se lo lottavamo molto a livello politico… . Quando fu eletto consigliere regionale ci radunammo sotto la sua abitazione per condividere la sua personale affermazione. Anche quando apprendemmo la notizia della sua tragica morte non esitammo a condividere il lutto di un’intera comunità: sospendemmo subito una manifestazione di protesta a Montergiordano Marina per l’ennesimo grave incidente avvenuto sulla statale 106 “jonica” che coinvolse una famiglia di Rocca Imperiale. Liguori era un autentico democratico cristiano popolare che riusciva a raccogliere la fiducia ed il consenso anche dell’elettore di sinistra, perché era un uomo che non amava i padroni e si prodigava molto per i più deboli senza badare al loro colore politico. Se oggi fosse tra noi aderirebbe all’idea del Partito Democratico? Penso di sì!».
Un interrogativo-risposta che ha vivacizzato il prosieguo del Convegno, in particolare le sue conclusioni.    
Giuseppe Mascaro, già senatore della Repubblica e deputato regionale della DC, si è soffermato su un altro aspetto rilevante dell’impegno politico di Giorgio Liguori, anch’esso attuale, quello di spostare l’attenzione-interesse del partito e delle istituzioni cosentine sui comuni dello Ionio, quando avevano un “forte debole” per quelli del Tirreno e in non poche occasioni è così ancora oggi. «Giorgio faceva sentire la sua voce – ha detto Mascaro – e quando purtroppo non fu più tra noi la sua assenza fu un vuoto di grande rilevanza. Operò per lo sviluppo dell’Alto Ionio e della Sibaritide nell’epoca della vera ricostruzione, contribuendo non poco a farlo decollare nella nostra terra su vari settori. I problemi che lui affrontava cercava di risolverli coinvolgendo più soggetti senza alimentare posizioni preconcette. Tanta strada abbiamo fatto anche grazie a lui ed oggi occorre passare ad una seconda fase, una fase che abbia come protagonisti i giovani. Ma i giovani sono spesso assenti, distanti dal dibattito politico-culturale e poco interessati alla gestione della cosa pubblica».
Siamo sicuri che la responsabilità di questa disaffezione vada ricercata soltanto nelle nuove generazioni?
Terminato l’intervento del sen. Mascaro, prima di passare a presentare in anteprima il nostro sito internet che è stato molto apprezzato destando interesse soprattutto tra i giovani presenti, il moderatore Maurella ha letto l’intervento dell’avv. Luigi De Luca, già sindaco di Montegiordano per la DC all’epoca di Liguori, il quale non è potuto intervenire per motivi di salute. «Una dote particolare del nostro illustre uomo politico – scrive De Luca – era quella di insistere, di insistere continuamente sulle cose da fare, anche nelle difficoltà finanziarie, fino a quando qualcosa doveva ottenerla. A tal proposito, ricordo ciò che mi disse il compianto on. Antonio Guarasci, allora presidente della Provincia, in un incontro avuto a Montegiordano Marina. Egli mi disse: “il dott. Liguori mi ha chiesto dei fondi per continuare i lavori del lungomare di Montegiordano, ma io ho dovuto dirgli di no perché non c’erano disponibilità finanziarie. Con suo accordo, rinviammo tutto a dopo qualche mese. Ebbene, con mia sorpresa, dopo alcuni giorni, mi presentò in Giunta la stessa richiesta, non tenendo conto del rinvio concordato, al che, ob torto collo, dovetti accontentarlo, non avevo altra scelta”. La sua insistenza, la sua caparbietà avevano ottenuto il risultato da lui voluto – continua l’ex primo cittadino di Montegiordano –. Era instancabile anche in ogni attività sociale, sia come politico, sia come medico. Tante, tante volte, in mia compagnia, ritornando da Cosenza o da altri posti dell’Alto Ionio, oltre mezzanotte, spesso alle due o alle tre, trovava a casa un appunto, scritto dalla moglie, dove c’erano i nomi dei pazienti da visitare. Bene, non si perdeva d’animo e mi diceva: “ci vado adesso”, non accettando il mio consiglio di andarci l’indomani. Era il medico che non avrebbe preso sonno se non avesse prima visitato i suoi malati. Sono dei fatti che rispecchiano tutta la sua vita di uomo, di medico e di politico. Quando venne eletto consigliere regionale tutti in lui vedevamo una nuova possibilità di crescita di questi nostri luoghi, ma così non è stato per un suo crudele destino».
Sono seguiti alla presentazione del nostro sito alcuni interventi dal pubblico, tra i quali quello dell’on. Antonio Pizzini, consigliere regionale della Calabria di Forza Italia. Nel ricordare quando Liguori e suo padre Sergio, che fu anche presidente della Provincia, erano attivi esponenti del gruppo consiliare della DC in Consiglio provinciale, ha detto - rispondendo indirettamente all’arch. Franchino - «la figura di Giorgio Liguori ricordiamola piuttosto come un’icona che possa essere di riferimento per tutti coloro che si prodigano per il bene comune».
Sono anche intervenuti i dirigenti scolastici Benito Lecce di Canna e Vincenzo Petrelli di Oriolo, giovani democristiani dell’epoca, che hanno ricordato il loro incontro e poi il rapporto di amicizia con Liguori, «un uomo che non si sottraeva al confronto con le giovani leve, spesso battagliere e molto critiche con i “dorotei” come lui. L’attendevamo alle riunioni di sezione per dargli battaglia – ha evidenziato il prof. Petrelli –, ma venivano messi in difficoltà dal suo modo di esporre, affrontare e risolvere le questioni sempre ragionate insieme e mai imposte. Non pochi di noi della “sinistra di base” trovammo in lui un punto di riferimento per crescere e maturare politicamente».
Le conclusioni che sono seguite ai numerosi interventi non sono state certamente di “rito”, affidate, come da programma, all’on. Dario Antoniozzi, già ministro della Repubblica e fondatore per la DC del Partito Popolare Europeo (PPE), del quale Liguori fu amico e tra i più stretti collaboratori. Antoniozzi, ha spazzato via ogni “ombra di dubbio” sulle scelte politiche di Giorgio Liguori, collocato nel bel mezzo della “guerra fredda” su posizioni atlantiste e ancor più democratiche e cristiane nette. Antoniozzi ha ricordato del suo «amico Giorgio» il suo «forte attaccamento alla famiglia, il nucleo fondamentale della società, che ogni volta che viene messa in crisi è la stessa società ad esserlo. E Giorgio ebbe parole dure nei confronti degli sfascia famiglia dell’epoca (il riferimento è a coloro che erano a favore del divorzio, n.d.r.)». Infatti, quando iniziò a prospettarsi in Italia l’introduzione del divorzio, il politico montegiordanese, nel 1968, disse: «dobbiamo batterci, anche se noi cattolici siamo isolati in Parlamento, affinché non si giunga in Italia all’istituzione del divorzio, che sarebbe una porta aperta alla dissoluzione della famiglia».
Ma Antoniozzi, dopo aver ricordato le opere realizzate insieme a Giorgio Liguori per risollevare le sorti di popolazioni ancora prive di beni di prima necessità come l’acqua potabile, ha parlato da testimone-protagonista della politica che ha condotto gran parte del vecchio continente all’attuale Unione europea, in particolare dei Trattati di Roma del 1957 che segnarono la nascita della CEE. «Oggi si dimentica facilmente la storia – ha commentato –, quando qualcuno (il PCI, n.d.r.) in Parlamento votò contro la ratifica dei Trattati di Roma. Come è altrettanto facile portare dalla propria parte uomini politici del passato un tempo assai distanti dalle proprie idee…». Antoniozzi ha voluto anche dire - in sintesi - un conto, come nel caso di Giorgio Liguori, avere sensibilità per delle battaglie che non potevano non vederlo schierato dalla parte dei più deboli, aprendo un dialogo con le forze avversarie, intrattenendo con i loro esponenti personali rapporti di amicizia, un altro è il fatto di abbracciare, condividere ciò che è stato il loro passato ideologico-culturale, il cui massimo esponente, non va dimenticato, era Togliatti molto legato all’Urss.
A questo punto non si è fatta attendere la replica dell’on. Algieri, sollecitata da più di un commento avverso all’on. Antoniozzi che si è elevato dal pubblico in sala, seppur in forma rispettosa. Algieri ha contestato quelle conclusioni ritenendole troppo fuori tema e da clima davvero da “guerra fredda”, esternando tutto il suo dissenso sul riferimento al leader storico del PCI «assoldato all’Urss», trovandolo del tutto fuori luogo.
A fine convegno, dopo la consegna da parte dei membri dell’Amministrazione comunale delle targhe ricordo ai partecipanti, Algieri e Antoniozzi si sono salutati cordialmente, con una forte stretta di mano; quel gesto tante volte ripetuto da Giorgio Liguori nei confronti di un avversario politico dopo un intervento nell’aula consiliare in Provincia e in Regione o dopo un comizio in una pubblica piazza. Spesso, a quel gesto, seguiva una cena insieme, da buoni amici-avversari. Questo era Liguori, questi erano i politici di un tempo!
Il figlio Pietro, a conclusione convegno, è intervenuto a nome della famiglia per ringraziare quanti sono intervenuti e la stessa Amministrazione per aver promosso la manifestazione. In particolare, ha ricordato con tono commosso quando: «in famiglia ci lamentavamo con papà perché era spesso assente da casa e lui rispondeva dicendoci “oggi non ci sono e quando non ci sarò più vi lascerò tanti amici”. Questa sera – ha commentato il dott. Pietro Liguori – siete in tanti a testimoniare la vostra amicizia che si rinnova dopo tanti anni».
E nella vita di ogni uomo ciò che conta è proprio quell’amicizia che perdura nel tempo.
 
P.S.
Il presente scritto è una sintesi di quanto è emerso nel corso del Convegno e non un resoconto dettagliato da acquisire come “Atti”. Le frasi virgolettate attribuite a ciascuno dei relatori sono state sintetizzate per motivi di spazio, cercando il più possibile di rispettarne il senso.
La redazione del sito è ben lieta e disponibile a correzioni e modifiche del testo se richieste dagli interessati.